giovedì 29 novembre 2012

Segnalazione lampo: Cascina Agrinova, Susa (To)


Agrinova





Appena conosciuti, notati ad una classica fiera di fine anno, a poco più di un mese da Natale.

Loro sono nati da non molto ma come dice il loro sito hanno una lunga esperienza nel ramo.

Io personalmente ho preso un paio di confetture di kiwi, che presto assaggerò.

Nel frattempo farò un giro sul sito, a breve vedremo come informarci meglio su di loro.



Via Meana 40, 10059 - Susa (TO)
Telefono:+39 392 3503493
Telefono/Fax:+39 0122 649958
E-mail: info@cascinagrinova.it

 http://www.cascinagrinova.it


Saluti a tutti e statemi bene
Alessio

La melina di Giaveno



100 varietà in Italia, 7000 nel mondo.

Questo è il numero di varietà di mele presenti nel nostro paese e nel resto del pianeta ed ovviamente il calcolo è particolarmente approssimativo.

Non si fa fatica dunque a capire perchè ogni paesino italico rivendichi la sua varietà di mele particolarmente pregiata e di gusto raffinato.

Ognuno di noi inoltre ama, apprezza solo una piccolissima fetta di questo sterminato panorama.

Capita quindi di imbattersi anche in alcune rarità in posti praticamente sconosciuti .

Passando per il mercato di Giaveno, in provincia di Torino vi potrebbe capitare di fermarvi a qualche banco che tratta ortofrutta, ve ne sono tanti e cambiano spesso posizione.

Se siete fortunati  potreste notare delle mele, che io chiamo menile, molto piccole, figlie dell'autunno insomma, che di solito hanno un colorito abbastanza regolare, un verdino giallo che in breve tempo si trasformerà in un bel rosso acceso.

Sono delle rarità, dotate di una carica dolce al'interno notevole, dovuta appunto alla concentrazione della polpa.

Non rimangono per lungo tempo su piazza e sono spesso rintracciabili da piccole realtà a conduzione famigliare, quelle che in fondo a noi cacciatori enogastronomici piacciono moltissimo.

Ora, dare indicazioni è praticamente inutile, i banchi come detto sono nomadi e di solito queste cose si rintracciano dopo una ricerca.

Posterò un immagine della rarità.

Almeno per la caccia!


Un saluto a tutti e statemi bene
Alessio

sabato 17 novembre 2012

"Ode al Carciofo" Pablo Neruda


A novembre mi torna sempre in mente questa poesia di Pablo Neruda.
La terrò in mente anche in questo fine settimana.



Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero,
ispida edificò una piccola cupola,
si mantenne all'asciutto sotto le sue squame,
vicino al lui i vegetali impazziti si arricciarono,
divennero viticci,
infiorescenze commoventi rizomi;
sotterranea dormì la carota dai baffi rossi,
la vigna inaridì i suoi rami dai quali sale il vino,
la verza si mise a provar gonne,
l'origano a profumare il mondo,
e il dolce carciofo lì nell'orto vestito da guerriero,
brunito come bomba a mano,
orgoglioso,
e un bel giorno,
a ranghi serrati,
in grandi canestri di vimini,
marciò verso il mercato a realizzare il suo sogno:
la milizia.
Nei filari mai fu così marziale come al mercato,
gli uomini in mezzo ai legumi coi bianchi spolverini erano i generali dei carciofi,
file compatte,
voci di comando e la detonazione di una cassetta che cade,
ma allora arriva Maria col suo paniere,
sceglie un carciofo,
non lo teme,
lo esamina,
l'osserva contro luce come se fosse un uovo,
lo compra,
lo confonde nella sua borsa con un paio di scarpe,
con un cavolo e una bottiglia di aceto finché,
entrando in cucina,
lo tuffa nella pentola.
Così finisce in pace la carriera del vegetale armato che si chiama carciofo,
poi squama per squama spogliamo la delizia e mangiamo la pacifica pasta
del suo cuore verde.


giovedì 15 novembre 2012

Un eterno senso di serenità e benessere, il Giappone in Italia




I piattini sono disposti in ordine perfetto, vari colori, cromie che spesso diventano delle composizioni floreali, motivetti della cultura orientale, tutto trasuda di una innata tranquillità, la luce naturale che attraversa la finestra tocca appena le portate.

La prima visione mi fa comprendere come la cucina giapponese abbia da sempre ma in modo particolare nel contemporaneo, colpito la fantasia di molti cuochi nostrani ed abbia innalzato il sushi a elemento indispensabile in ogni telefilm alla moda americano.

In effetti ogni elemento è fortemente cool (all'italiana fresco, ma rende meno, più che altro alla moda) e inoltre la base di riso e pesce presente in molte portate non fa che comprovare la credenza che i giapponesi possiedano una cucina leggera ma soprattutto naturale.

Prima la vista e poi il palato, una regola questa che ci avvicina immancabilmente ad una tradizione orientale che consente all'occhio di sfamare non solo la curiosità ma anche lo stomaco.

A Torino vi sono svariate realtà che trattano gastronomia giapponese, una di queste è sicuramente il celebre ristorante "Daiichi", con doppia sede.

Terminal di svariati uomini d'affari e in pausa lavorativa, la cucina giapponese non solo sfama ma fa risparmiare tempo (un altro elemento cool, molto cool!).

Si può quindi dopo un veloce antipastino buttarsi su un elenco davvero interminabile di portate superato solamente dalla pessima figura che molti italiani fanno nel tentativo di usare le celebri bacchette (sottoscritto compreso).

Dopo essermi fatto portare le forchette (italiano medio power!) mi accosto al Pad Thai, in sostanza tagliatelle di riso saltate con gamberi, uova, verdure, tofu e arachidi.

L'agglomerato a prima vista appare compatto ma si scardina discretamente bene, le tagliatelle sono leggere, cotte senza sfociare nel colloso, i gamberi si prestano a varie interpretazioni, aperti in modo da sembrare più grandi sono si surgelati (vi è scritto anche nel menù quindi niente battute del genere, "senti la freschezza, appena pescato") ma non urtano, si amalgamano in modo discreto.

Apprezzo inoltre le arachidi, come sempre d'altronde.

Se non mi lascio prendere dal secondo per mancanza di tempo non è lo stesso per il dolce, una Crème Brulèe al gusto di pistacchio e tè verde (equilibrato, magari un pò troppo poco sapore nel pistacchio) ed un sorbetto al limone. Il classico che non muore mai!

Dopo qualche chiacchierata informale con i camerieri ci si dilegua, con un conto che come è tipico dei ristoranti giapponesi è sicuramente sopra la media ma si conta sempre le specialità e i vari pesci come elemento di scusa.

Leggerezza, eleganza e salute, tradizione si ma con la capacità di essere all'avanguardia grazie alla tecnologia, al segno grafico dei piattini e delle portate e al logo, manghiano al punto giusto.




Ristorante giapponese "Daiichi"
via IV marzo 5
10121 Torino
011 4368472
Chiuso la domenica e il sabato a pranzo


Saluti a tutti e statemi bene
Alessio

NOTA BENE: questa recensione è anche su 2spaghi

martedì 13 novembre 2012




Di mattina non ho mai molta fame, fin da piccolissimo la faccenda ha sempre funzionato così.

Le domeniche mi alzavo dal letto, piano piano mi avvicinavo al tavolo, mia madre era spesso impegnata a riassettare, la casa odorava già di qualche cibo particolare, in mente mi viene sempre la minestra ma spesso erano dei secondi abbastanza elaborati e lunghi da cuocere.

Arrivato nei pressi della cucina aprivo la porta scorrevole, il vapore mi investiva lasciandomi contento, sapevo già che cosa avrei mangiato dopo, bastavano pochi secondi e il mio database trovava la risposta.

Vedevo che sul ripiano vi erano molte verdure, la scodella con dentro i biscotti, il tazzone del the che si era raffreddato.

Sfilavo a fianco delle sedie, senza farmi sentire.

Mia madre poteva essere ovunque.

Aprivo leggermente la porta che dava sull'esterno, sul balcone, la scena ora che sono abbastanza grandicello mi appare sempre d'inverno, spesso d'autunno, con l'umido che regalava delle fantastiche sensazioni di muschio.

Mi avvicinavo ad un piccolo cestino posto su un ripiano, li c'erano un gran numero di pomodori, di ogni grandezza, di ogni genere, di ogni odore.

La passione pare che l'abbia ereditata da mio nonno, anche lui non poteva fare a meno di mangiarsi un pomodoro al giorno, anche se fuori stagione.

Un peccato sicuramente, ma tant'è.

Prendevo il mio premio e scappavo, contento di aver scovato il cestino buono,a gran velocità ripercorrevo la cucina, il salotto e mi buttavo nel letto e li me lo gustavo, il mio pomodoro!

Era una grande soddisfazione, la colazione!

Fino a quando sbucava mia madre, che sapeva tutto, anzi che attendeva con un certo grado di soddisfazione il mio passo falso ed allora esordiva sempre dicendo "Alessio, i pomodori a colazione no!".

Il blog è nato molti anni fa, ma ancora non lo sapevo.



Alessio